Negoziare è una sfida: devi saperti mettere nei panni dell’altro senza spogliarti dei tuoi. Oggi vi presentiamo un professionista che ha fatto della negoziazione il tratto cardine del suo lavoro: per la rubrica “Storie di Successo”, sotto potete leggere la storia di Alessandro Bonino, Financial Advisor in operazioni di M&A con una trentennale esperienza nel settore.
Ciao Alessandro, puoi spiegarci prima di tutto cosa vuol dire M&A
Iniziamo col dire che le imprese per svilupparsi possono seguire due principali vie: quella organica (ossia la crescita attraverso investimenti interni) e quella che passa attraverso acquisizioni e fusioni, ossia operazioni di Merger&Acquisition, da cui l’acronimo M&A. La scelta fra le due vie dipende da diversi fattori: la rapidità con cui si vuole entrare in un nuovo mercato e aumentare quindi le proprie quote l’acquisizione di un nuovo know-how o brand, la volontà di impedire ai competitor di accrescere le proprie quote, ecc.
In queste operazioni che ruolo svolge il Financial Advisor?
Il Financial Advisor è il professionista che di norma ricopre il ruolo di player gestendo l’intero processo di un’operazione di M&A.
La mia figura professionale si occupa di analizzare le prospettive del settore, raccogliendo informazioni su crescita, concorrenti e possibilità di ampliare la quota di mercato. Si esaminano inoltre gli aspetti core dell’impresa e i bilanci dell’azienda. Infine, una parte fondamentale del mio ruolo è quella di negoziare, al fine di apportare un giudizio esterno meno coinvolto emotivamente, capace di interpretare le situazioni in modo razionale.
Quindi un’operazione di M&A coinvolge oltre ai Manager delle aziende anche differenti tipologie di Professionisti. Chi sono queste figure?
Mi interfaccio con imprenditori e top managers per quanto riguarda i decision makers finali; lo svolgimento delle negoziazioni e delle fasi successive di due diligence vedono coinvolti Legali, Auditor, Business Advisor, Tax Advisor, ecc.
Hai lavorato 13 anni a Londra, com’è stata la tua esperienza lavorativa all’estero? In che modo ha contribuito alla tua crescita professionale?
E’ stata un’esperienza assolutamente fondamentale sia sotto il profilo professionale che personale; in quegli anni eravamo certamente meno numerosi rispetto al considerevole numero di giovani italiani che oggi fanno esperienze all’estero e quindi era ancor più distintiva di quanto lo sia adesso. Ciò che ho ulteriormente appreso è che c’è bisogno di voler eccellere ogni giorno e di avere un’acuta attenzione ai dettagli, inoltre bisogna essere in grado di lavorare sotto pressione. Tutto ciò può essere visto come un onere, ma è altamente entusiasmante e stimolante.
Come ti sei trovato a ricoprire il ruolo di M&A Advisor?
E’ stata una “naturale” evoluzione della mia prima esperienza lavorativa come equity analyst e della mia passione per il modo delle imprese.
Quando hai deciso di svolgere il tuo lavoro in proprio? Che pro e che contro comporta?
All’alba dei 40 anni ho deciso di provare a realizzare il mio sogno di essere imprenditore, almeno di me stesso, e devo dire che sono molto contento di averlo fatto. Certamente dal mio punto di vista i pro-principali sono l’indipendenza e la piena autonomia a cui fa da contrappeso il contro principale che è il maggior rischio e la mancanza di una rete di protezione legata alla grande organizzazione e al brand istituzionale.
Come si è evoluta la tua figura professionale negli anni?
Si è evoluta in linea con il cambiamento del mercato dell’M&A che come tante altre professioni si è “globalizzato”, quindi pur restando un “country specialist” sull’Italia, sono passato dal dedicarmi esclusivamente ad operazioni che portavano all’acquisizione di aziende italiane (stando di volta in volta sul buy side o sul sell side) ad occuparmi sempre più anche ad operazioni di acquisizione di aziende straniere da parte di aziende italiane; oggi il mercato è pressoché equamente diviso tra le due fattispecie.
Qual è la differenza principale di avere a che fare con piccole e grandi imprese?
In Italia, nelle PMI a differenza dei paesi anglosassoni, c’è un atteggiamento di diffidenza nei confronti dei consulenti specializzati in operazioni di M&A a causa di approcci artigianali comunemente adottati e a causa della sottovalutazione delle difficoltà inerenti a tali processi. In generale le piccole imprese sono di stampo padronale e intrinsecamente legate alla famiglia dell’imprenditore; nelle grandi imprese gli interlocutori sono manager.
Cosa consiglieresti ad un giovane che vuole intraprendere una carriera come la tua?
Consiglierei senz’altro di ottenere già a livello accademico una approfondita conoscenza dei bilanci e di una serie di aspetti legali e fiscali di base, oltre ad una buona conoscenza della lingua inglese; detto questo i percorsi possibili sono numerosi e quello che a mio giudizio conta moltissimo è l’esperienza sul campo quindi importante poter vivere (anche se inizialmente in “seconda fila”) lo svolgimento delle negoziazioni.
Tra i must ci sono anche una grande mente analitica, motivazione e intelligenza emotiva.
Naturalmente se si vuole emergere, come in tutte le professioni all’inizio della carriera bisogna essere laboriosi e affidabili, avendo una grande attenzione per i dettagli. Sicuramente un altro elemento che può giovare a questo percorso è la personalità, che permette di differenziarsi da chiunque altro. In ultimo è importante la perseveranza, fondamentale per il raggiungimento degli obiettivi.
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