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Gestire i conflitti in azienda: una comunicazione efficace per un conflitto costruttivo

Se pensassimo a dei sinonimi di conflitto ci affiorano alla memoria scontro, guerra, violenza, come termini più affini al suo significato, quasi sempre ritenuto negativo. Di contro non ci saranno di certo venute in mente parole come crescita, confronto, opportunità e collaborazione per gestire i conflitti in azienda.

I Conflitti in azienda si differenziano in funzione della posizione ricoperta nell’organigramma, che determina il tipo di relazione tra le persone; si individuano due tipologie di relazioni: complementari o simmetriche:

  • conflitto nelle relazioni simmetriche tra colleghi pari grado, contraddistinto da un rapporto paritario senza la presenza di una posizione di dipendenza.
  • conflitto nelle relazioni complementari tra responsabili e collaboratori, contraddistinto da una posizione di dominanza e di interdipendenza gli uni dagli altri.

Il conflitto interpersonale si può definire come un evento relazionale che si riscontra in vista di interessi, obiettivi, bisogni e punti di vista diversi tra due o più persone.

Cosa c’entra la comunicazione per gestire i conflitti in azienda?

La nostra vita è un continuo relazionarci con qualcuno, a livello personale e/o professionale e il tipo di comunicazione che agiamo nei nostri rapporti (personali e professionali) non è mai “oggettiva”, ognuno di noi la colora secondo la propria mappa percettiva.

La comunicazione non è solo verbale perché le relazioni sono fatte di significati che vanno ben oltre le parole che sono state pronunciate e sono associati alla persona che le sta dicendo: “se fai uscire il tuo cuore vuol dire che sai dare spazio ai sentimenti”.

L’emozione nella gestione dei conflitti in azienda

L’emozione è un’altra componente del tema proposto “gestire i conflitti aziendali in modo efficace”. E’ fondamentale lavorare sulle emozioni, perché noi non siamo soltanto parole ma persone con delle emozioni che condizionano la nostra comunicazione e rendono faticosa la gestione dei conflitti.

La mancanza di consapevolezza emotiva è un fattore di rischio per lo sviluppo del “disagio psicologico” e delle conseguenze che esso produce nelle dinamiche comunicazionali nelle relazioni.

Le persone con scarsa capacità di gestire le proprie emozioni sperimentano più facilmente alti livelli di ansia, rabbia, ostilità, tristezza. Una buona consapevolezza emotiva è invece alla base dell’empatia, migliora l’adattamento, favorisce lo sviluppo di altre competenze personali e sociali e migliora le relazioni interpersonali e professionali.

gestire i conflitti in azienda migliora la comunicazione e le relazioni professioni sul luogo di lavoro

Che cosa sono le emozioni, imparare a gestirle

L’esperienza emotiva è una delle dimensioni fondamentali della specie umana (e non soltanto umana) ed attraversa in profondità la vita di ciascuno di noi.

Le emozioni vanno considerate come risposte soggettive dotate di un notevole grado di flessibilità e variabilità, inducono un’attivazione generale del corpo con la comparsa di reazione fisiche ed espressive precise e rilevanti, in questo senso ci preparano ad affrontare le situazioni.

Le emozioni sono alla base della qualità delle relazioni e la loro natura influenza il nostro modo di comportarci, di pensare, di agire e di esprimerci.

Ogni stato emotivo stimola una serie di comportamenti. Questo succede anche quando ti trovi a dovere gestire un conflitto. Prova a notare quali comportamenti e pensieri emergono quando ti senti felice e soddisfatto di te stesso in sintonia con l’altro e confrontali con i comportamenti e i pensieri che tendi ad avere quando stai sperimentando rabbia, tristezza o frustrazione, determinati da un conflitto o da una divergenza di opinione.

In caso di reazioni emotive molto intense come rabbia e paura la capacità di ragionare in modo lucido viene compromessa. Per questo motivo si dovrebbe evitare di prendere decisioni o di esprimersi categoricamente sull’onda di qualche reazione emotiva provocata da un conflitto.

La cura della comunicazione per gestire i conflitti in azienda

Una prima constatazione: parliamo dunque ci relazioniamo, cioè costruiamo rapporti tra persone. E’ importante allora “essere capaci di comunicare”.

Tutti crediamo di saper comunicare, “comunicare in modo efficace” vuole dire non soltanto parlare bene, talvolta accade che anche chi sa parlare bene genera dei conflitti e come mai questo accade? Spesso succede per una tendenza ad ascoltare preoccupati di cosa rispondere, anziché attenti a ciò che l’altro vuole dirci.

Di qui una seconda constatazione: sono proprio le situazioni “scomode”, determinate per lo più da una incongruenza tra messaggio inviato e messaggio ricevuto che generano i conflitti.

Cosa dico e come lo dico

A questo punto si possono mettere in atto tutte le strategie possibili del comunicare ma se non si va oltre il linguaggio verbale con il proposito di capire che esiste l’altro, con la propria identità, resteremo fissi sulle nostre posizioni e restare fissi vuol dire riconoscere un’unica modalità di comunicare, alla quale riteniamo che gli altri debbano adeguarsi.

Ma la comunicazione è un processo biunivoco e circolare. Una comunicazione non soltanto trasmette informazione ma, al tempo stesso, impone un comportamento. Dunque, ogni comunicazione contiene un aspetto di contenuto, la “notizia”, “cosa dico” e un aspetto di relazione, “come lo dico” che definisce i rapporti tra gli interlocutori.

E’ quindi l’aspetto di relazione che chiarisce il significato del contenuto. A sottolineare l’importanza degli aspetti relazionali nella comunicazione vi sono alcuni dati statistici che mostrano che in una comunicazione il contenuto ha un “peso” soltanto del 10%, il tono della voce del 30% e la gestualità del 60%. E l’aspetto di relazione incide anche nel gestire i conflitti in azienda.

Relazioni e conflitti

Ogni conflitto si ingenera quando le posizioni dei dialoganti sono differenti o addirittura contrapposte. Di per sé, questo non è un fatto negativo perché può divenire un’opportunità di crescita. Il processo comunicativo, quindi, si gioca sulla relazione, cioè un interscambio che può interrompersi se la modalità di esporsi non è adeguata, non è chiaro il messaggio, non è attento l’ascolto, non è esplicita l’intenzione.

Ogni messaggio, proprio per le modalità con cui viene elaborato “parte con un’intenzione dall’emittente ed arriva con un impatto sul ricevente” che non è detto siano di segno uguale, ovvero congruente con il contenuto stesso del messaggio.

Non c’è solo, infatti, la comunicazione verbale ma c’è anche il rapporto tra le persone che condiziona l’accoglimento di una richiesta, ci sono anche la simpatia o l’antipatia, la stima, la fiducia, il rispetto di un ruolo che predispongono e facilitano la comunicazione. Accade che non tutti elaborino messaggi alla stessa maniera “perché ognuno di noi è un’unicità”. Ciò succede perché ciascuno di noi, oltre ad avere una diversa formazione e un differente temperamento, è il risultato di un altrettanto diversa esperienza personale. Ne deriva che se non c’è la volontà di avvicinare le opinioni contrastanti, di ovviare alle interferenze, si alzano barriere che ci impediscono di vedere il conflitto come un’opportunità di crescita assieme. Si alimenta il disagio reciproco e si allarga il distacco.

Le mappe percettive

La comunicazione avviene secondo mappe percettive, cioè secondo una modalità arbitraria di vedere la realtà. Ognuno di noi tende a vederla non per quello che esattamente è (in maniera oggettiva) ma per come la percepisce.

La percezione è un fenomeno fisico che si realizza a partire dall’esperienza sensoriale elaborata, però, secondo una personale struttura cognitiva (o mappa) frutto del proprio modo di agire, di pensare, la propria emotività e formazione culturale. Di fronte ad un evento, situazioni simili possono generare reazioni differenti e questo non è bene o male, dipende solo dal fatto che ciascuno è fatto a modo proprio.

Tutto ciò influisce sulle dinamiche della relazione e, quindi, dei conflitti. Per rendere “costruttivo” un conflitto è opportuno evitare che le modalità comunicative prevalgano sul significato di quanto comunicato, che l’attenzione sia libera dagli automatismi che spesso condizionano le risposte. Quando comunichiamo “portiamo noi stessi” oltre il linguaggio verbale, c’è una soggettività che arriva forte e chiara, determinata dalle nostre mappe percettive”. E i conflitti si ingenerano proprio a partire da malintesi nell’interpretazione, da equivoci di cui non è stata chiarita l’intenzione. “Come è stato letto il messaggio, è stato correttamente interpretato?” Un errore da evitare nella richiesta di chiarimento è quello di provare fastidio o esprimere irrigidimento e cercare di agire un’apertura mentale partecipativa ed interessata verso una posizione diversa.

La volontà di incontrarsi

Per imparare ad accogliere i conflitti come opportunità, forse non ci sono risposte predeterminate o “ricette magiche”. Resta, tuttavia, la possibilità di avere qualche punto fermo da conservare nella memoria:

  • ogni persona “è un universo da scoprire” che si esprime sia con il linguaggio verbale sia con una molteplicità di altri linguaggi (gesti, silenzi, decisioni…);
  • i conflitti sorgono in un contesto di antipatie, simpatie, fiducia/sfiducia, stima o chiusura che manifestano la carica emozionale delle relazioni interpersonali;
  • è importante coltivare la volontà di fare chiarezza, cioè di verificare cioè il livello di comprensione per evitare equivoci, incomprensioni, conflitti;
  • la volontà di fare piccoli spostamenti, aperture partendo da NOI. “Io sono fatto così”: è la percezione che abbiamo di noi stessi ma non è detto che sia corrisponde alla percezione che l’altro ha di noi. E’ sempre funzionale andare oltre se stessi per arrivare all’altro”;
  • l’azienda è un’organizzazione con diversi ruoli gerarchici, poiché le “relazioni umane” sono o complementari o simmetriche, la volontà di incontrarsi può realizzarsi attraverso la mediazione e il compromesso, che non vanno vissuti come una perdita ma come un arricchimento;

“Venirsi incontro” può generare anche un certo grado di soddisfazione verso la capacità di allargare la propria mappa percettiva ed i propri orizzonti.

Come conseguire una comunicazione efficace e rendere costruttivo un conflitto?

Il conflitto non è risolvibile, se per risoluzione intendiamo decidere chi ha ragione e chi ha torto, chi vince e chi perde. Il conflitto è però trasformabile se impariamo a restare focalizzati sull’oggetto del problema e non su chi porta il problema; evitiamo di pensare di eliminare l’altro per risolvere il problema; esplicitiamo il conflitto attraverso una comunicazione efficace sull’azione e non sulla persona. Il conflitto si può trasformare da scontro ad incontro di esigenze, bisogni e desideri diversi.

I metodi proposti per gestire i conflitti in azienda:

  • attenzione ed elaborazione dell’ esperienza soggettiva
  • esercitazioni attraverso la scrittura di scoperta
  • role-play
  • esercitazioni individuali, in coppie ed in gruppo
  • integrazioni cognitive
  • assimilazioni e rinforzi emozionali
  • applicazione pratica delle conoscenze apprese.

Formazione e Coaching per gestire i conflitti in azienda?

Attraverso interventi formativi o di coaching riservato ai team (team coaching), si possono esplorare e fare emergere le proprie risorse interiori, acquisire consapevolezza delle proprie dinamiche comunicazionali ed allenarsi ad applicare cambi di paradigmi percettivi per riconoscere, anticipare e fronteggiare in modo efficace i conflitti aziendali per instaurare relazioni produttive.

S.A. Studio Santagostino da oltre 50 anni supporta i propri clienti con percorsi di Formazione e Coaching, elaborando anche progetti strutturati in cui Assessment, Formazione e Coaching si integrano reciprocamente a favore dello sviluppo delle persone e delle organizzazioni.

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